MoVimento 5 Stelle Molise

Solidarietà alla legalità

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Il primo gemito del neonato Consiglio Regionale, è stato emesso dal Consigliere Nicola Cavaliere, che nella variegata carriera politica è approdato ad essere uomo fedelissimo all’ex Presidente, tanto da inaugurare i lavori dell’aula con una grottesca arringa a difesa di Iorio, oltre che inopportuna in quanto a tempistica e discutibile nei contenuti, a noi è sembrato il volo pindarico di un PDL confuso. Ad essere confuso non ci è parso solo il partito in questione, ma anche la maggioranza che nella persona del Presidente Paolo di Laura Frattura ha espresso più volte solidarietà e cordoglio verso il collega sospeso dal Consiglio dei Ministri. Tutto questo è per noi inaccettabile!
Ci dissociamo formalmente e categoricamente da cotanta comprensione che ci lascia basiti, come ci hanno lasciato di stucco le affermazioni del Consigliere Cavaliere che, con freddezza impenetrabile, continuava ad argomentare asserendo che l’abuso d’ufficio è infondo un reato minore, e chiunque ha lavorato all’interno della P.A. rischia di incapparvi, ed inoltre che la norma in questione è una norma penale, quindi, tale norma e la conseguente sospensione sono incostituzionali. Tanto per essere chiari, facciamo alcune considerazioni.
Il reato di abuso d’ufficio per cui è stato condannato in primo grado l’ex Presidente, è previsto dall’art. 323 del codice penale con una reclusione che và da sei mesi a tre anni; tale reato è nel novero dei reati previsti dall’art.7 del D.Lgs. 235/2012; l’art. 8 dello stesso decreto recita testualmente: “Sono sospesi di diritto dalle cariche indicate all’articolo 7, comma 1, coloro che hanno riportato una condanna non definitiva per uno dei delitti indicati all’articolo 7, comma 1, lettera a), b), e c)”.
In merito alla natura del provvedimento “ci dispiace” dover informare il Consigliere Cavaliere che il Consiglio di Stato è stato chiarissimo (Cfr. Consiglio di Stato sez. V Giur. , sent, 6 febbraio 2013 nr. 695). In tale occasione, l’appellante Marcello Miniscalco chiedeva proprio la riforma della sent. breve del TAR Molise-Campobasso concernente la cancellazione del suo nominativo dalla lista regionale a supporto del candidato Paolo di Laura Frattura nell’ultima tornata elettorale del 24 e 25 febbraio 2013, adducendo (tra le altre) quali motivazioni, proprio quelle sollevate dal Cons. Cavaliere del divieto assoluto di retroazione in mala partem delle norme penali, richiamando, oltre alle disposizioni Costituzionali anche quelle della CEDU (Corte Europea dei Diritti dell’Uomo). In tale circostanza benché i Primi Giudici (o Consiglio di Stato) si pronunciarono sulla fattispecie tipizzata dall’art. 7, capo III, del D.Lgs. 235/2012 che contempla l’ipotesi di incandidabilità, esposero in maniera chiara, direi lapidaria, la ratio decidendi respingendo l’appello del Miniscalco:
“non solo non si tratta affatto di misure di natura sanzionatoria penale, ma neppure di sanzioni amministrative o di disposizioni in senso ampio sanzionatorie. La disposizione in questione contempla casi di non candidabilità che il legislatore, nella sua discrezionalità ha ritenuto di dover configurare in relazione al fatto che l’aspirante candidato abbia subito condanne in relazione a determinate tipologie di reato caratterizzate da uno speciale disvalore(Corte Cost. sentt. n.407/1992; n.114/1998). Si deve soggiungere che l’applicazione della richiamata disciplina ai procedimenti elettorali successivi alla sua entrata in vigore, per se con riferimento a requisiti soggettivi collegati a fatti storici precedenti, non dà la stura ad una situazione di irretroattività ma costituisce applicazione del principio generale tempus regit actum che impone in assenza di deroghe, l’applicazione della normativa sostanziale vigente al momento dell’esercizio del potere amministrativo”.
Secondo quanto si evince dalla motivazione della sentenza del Consiglio di Stato il D.Lgs. 235/2012 deve essere letto quindi, mediante una interpretazione autentica, ovvero guardare a quello che voleva ottenere il legislatore con questa norma.
Ciò scongiura definitivamente ogni dubbio residuo sulla fattispecie prevista dall’art. 8 del decreto suddetto che prevede specificamente il caso di sospensione dato che, è anche qui lapalissiano, il legislatore ha voluto prevedere tale fattispecie per sospendere chi ha riportato condanne in relazione a determinate tipologie di reato caratterizzate da uno speciale disvalore, allontanandolo di fatto dal consesso elettivo, al fine di “accantonare momentaneamente” dal rilevante munus publicum chi ha ricevuto condanne, anche se di primo grado.
Quello che diciamo non è affatto l’assolo di chi con presunzione si arroga il diritto del cambiamento, ma semplicemente l’espressione di un gruppo che rifiuta quella logica Gattopardesca del cambiare tutto per non cambiare nulla, oltre che espressione di quanto nel tempo hanno stabilito Corte Costituzionale e il Consiglio di Stato.
Quindi chiediamo al consiglio regionale, di esprimere sì solidarietà e rispetto, ma verso quanto stabilito dal legislatore prima, dai Primi Giudici poi, e in ultimo dal Consiglio dei Ministri, che ricordiamo adottano i loro provvedimenti in nome del popolo italiano.

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