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Covid-19, il Molise deve potenziare la rete ospedaliera pubblica

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Nonostante gli annunci roboanti dei giorni scorsi, nonostante la grande pressione di alcuni sindaci, negli ospedali di Larino, Agnone e Venafro al momento si manda avanti l’attività ordinaria. Occorre invece mettere seriamente in funzione, e subito, questi ospedali per la gestione dell’emergenza Covid-19. Così come bisogna cogliere appieno l’opportunità di assumere il personale medico necessario. I cittadini sono stanchi dei bluff.

Di Andrea Greco, portavoce M5S in Consiglio regionale del Molise

Quello che sto per raccontarvi potrebbe non piacervi, per questo vi chiedo di avere pazienza e leggere attentamente ogni passaggio, perché solo la conoscenza rende liberi.

L’intero Paese sta attraversando un momento senza precedenti nella storia repubblicana. La più grande delle emergenze in questo scenario è quella legata alla sanità. In Molise, più che altrove, questo problema è particolarmente avvertito e i cittadini nutrono legittime preoccupazioni, poiché decenni di destrutturazione della sanità pubblica, hanno reso la nostra rete ospedaliera e territoriale estremamente fragile, a vantaggio di alcuni privati che invece hanno fatto affari d’oro.

Anche in questa situazione emergenziale, a giocare un ruolo determinante sullo scacchiere della nostra rete ospedaliera saranno i due privati Neuromed e Gemelli Molise che, inutile a dirsi, ne gioveranno dal punto di vista economico. Ora vi spiego come, ma soprattutto come si poteva fare meglio.

Le opportunità messe in campo dal Governo e non colte dal Molise per affrontare l’emergenza Covid-19

Col Decreto del 9 marzo, il Governo centrale dava alle regioni la possibilità di assumere personale medico in maniera veloce, in deroga a tutta una serie di limiti, mettendo sul piatto i primi 660 milioni di euro (poi aumentati) per fare tre cose essenziali in un momento di estrema carenza di personale:
1) richiamare i medici in pensione;
2) assumere gli specializzandi iscritti all’ultimo e penultimo anno;
3) scorrere le graduatorie degli idonei.

Molte regioni d’Italia si sono immediatamente attivate, il Molise lo ha fatto in parte, a modo suo. La cosa più logica e immediata sarebbe stata contattare i medici che sono andati in pensione negli ultimi anni. Tutti sarebbero stati disponibili a tornare in corsia per un periodo limitato di tempo, al fine di aiutare il Paese e la nostra regione a risollevarsi. Contestualmente, si doveva avviare lo scorrimento delle graduatorie e la sottoscrizione dei contratti con gli specializzandi, anche se in quel settore purtroppo il Molise ha sempre investito troppo poco.

Nonostante i nostri solleciti, dal 9 marzo ad oggi si è mosso poco o nulla. Addirittura, il direttore dell’Asrem ci ha riferito cose poi smentite dagli stessi avvisi pubblici che ha adottato. Ma procediamo per gradi.

L’Asrem guidata dall’avvocato Florenzano, fresco di nomina da parte del governatore Toma, invece di utilizzare le procedure snelle messe a disposizione dal governo per reperire personale, cosa fa? Un avviso pubblico per reperire 20 anestesisti rianimatori e 6 medici per malattie infettive al quale però, badate bene, i medici in pensione non possono rispondere (come scritto chiaramente al punto 2 lettera F dello stesso avviso pubblico). Escludere i medici in pensione dall’avviso è un fatto ancora più incomprensibile se consideriamo il Decreto Legge di ieri, 17 marzo 2020, che all’art. 12 dice espressamente che addirittura si possono trattenere in servizio coloro i quali stanno per andare in pensione.

Chi conosce il mondo della sanità, sa bene che in Molise un avviso così andrebbe deserto già in condizioni normali, ovvero non risponderebbe nessuno. Ma in una fase di emergenza mondiale, invece, suona come una presa in giro. Quindi perché farlo? Perché scrivere un avviso, aperto fino al 30 aprile 2020, con la consapevolezza che probabilmente nessuno risponderà? Mi viene il sospetto che l’unica cosa che preme è poter dire: ci abbiamo provato ma nessuno ha risposto.

Non sarebbe stato più ragionevole, in un momento del genere, fare un avviso aperto a tutti, inclusi i medici in pensione? Avrebbero piuttosto dovuto chiamare uno a uno quei medici chiedendo loro aiuto per fronteggiare l’emergenza. Io l’ho fatto, ne ho contattati diversi e si sono detti tutti disponibili a tornare (non scrivo i nomi per ragioni di privacy).

Emergenza Coronavirus, il bluff sulla riapertura degli ospedali di Larino, Venafro e Agnone

Reperire personale medico in un momento tanto delicato, ci permetterebbe da subito di rimettere seriamente in funzione anche l’ospedale Vietri di Larino, il Caracciolo di Agnone e il Ss. Rosario di Venafro. Strutture ospedaliere pubbliche che, se non dovessero servire ai molisani (cosa che tutti ci auguriamo), potrebbero essere inserite in un circuito nazionale per ospitare cittadini di fuori regione, affetti da Covid-19 o meno. In questo modo, potremmo dimostrare grande solidarietà verso Lazio, Campania e Abruzzo, o addirittura potremmo contribuire a decongestionare gli ospedali della Lombardia e Piemonte, visti anche i dati allarmanti che mettono in correlazione alcuni fattori ambientali con il diffondersi del virus.
Certo, sarebbero misure transitorie, ma ci darebbero la tranquillità di poter confidare sulla rete ospedaliera pubblica della nostra regione, senza dover obbligatoriamente ricorrere ai privati.

Tutto questo non avverrà, perché il “piano” messo su dal Tavolo dell’Unità di crisi molisana, del quale Toma è il responsabile, ha deciso che si andrà avanti per fasi.

Nella fase uno il Cardarelli, ospedale di riferimento per il Covid-19, garantisce 10 posti di terapia intensiva, arrivando gradualmente ai 19 della fase 3, con 37 posti in malattie infettive. La fase quattro prevede, in caso di saturazione del Cardarelli, lo spostamento di eventuali pazienti affetti da Covid nelle strutture sanitarie del San Timoteo, Veneziale, Neuromed e Gemelli Molise.

Questa decisione mette in luce il clamoroso dietrofront del Presidente Toma sulle strutture ospedaliere di Larino, Venafro e Agnone, che invece si attiveranno solo in una fase di acutizzazione dell’emergenza. Al momento, invece, si dedicano solo a pazienti con bassa intensità di cura: in pratica fanno ciò che facevano prima. Dunque nessuna riapertura, ma semplice proseguimento dell’attività ordinaria.

Ancora una volta, facciamo affidamento sui due grandi privati Neuromed e Gemelli Molise. Per carità, in un momento di difficoltà, è normale ricorrere anche ai privati, se necessario. Ma è questione di buonsenso: se il Governo centrale ti mette a disposizione strumenti e soldi per far funzionare gli ospedali pubblici, è tuo dovere fare di tutto per riuscirci; poi, semmai, tenti altre strade.

Emergenza nuova, soliti nomi

Come se non bastasse Toma, che ha avocato a sé anche la comunicazione, ha annunciato che al Tavolo della Unità di crisi regionale siede anche il suo consulente giuridico: Giacomo Papa. Papa è stato uno dei grandi “sponsor” politici, proprio con Silvio Berlusconi, della candidatura di Mario Pietracupa (Presidente della Fondazione Neuromed e cognato di Aldo Patriciello) alle elezioni Politiche del 2018.

Ora, quindi, mi sento di fare pubblicamente una domanda al Presidente Toma: ma secondo lei è opportuno che ad un Tavolo dove, tra le altre cose, si decidono gli assetti della sanità in un momento così delicato, sieda il suo consulente giuridico, che in passato ha spalleggiato la candidatura di Pietracupa, cognato di Patriciello e direttore di Neuromed? Secondo lei non si pone un problema per lo meno di opportunità?

Spero che il Presidente trovi il tempo per rispondermi. Ad ogni modo, non bisogna perdere più un minuto di tempo e fare tutto quanto necessario per rendere anche gli ospedali di Larino, Agnone e Venafro funzionali a fronteggiare questa situazione. Andava fatto già 9 giorni fa.

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