MoVimento 5 Stelle Molise

Ambiente e sicurezza, “la Regione Molise attende il PRAE da 14 anni”

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Il Molise non possiede ancora un Piano regionale delle attività estrattive, un documento fondamentale sotto tanti aspetti. Ho fatto richiesta di accesso agli atti e ho presentato una nuova mozione in Consiglio regionale

di Patrizia Manzo, portavoce M5S in Consiglio regionale del Molise

Il settore delle attività estrattive ha accompagnato i processi insediativi e l’identità delle nostre città, promuovendo settori tradizionali dell’economia come edilizia residenziale e infrastrutture, ma al tempo stesso determinando un impatto rilevante sui territori.

È quindi necessaria una revisione dei ragionamenti che riguardano una risorsa non rinnovabile come il suolo e la sua tutela, poiché il suolo ci fornisce cibo, biomassa e materie prime, funge da piattaforma per lo svolgimento delle attività umane, è un elemento del paesaggio e del patrimonio culturale e svolge un ruolo fondamentale come habitat e pool genico.

L’Italia, un territorio geologicamente giovane, non è particolarmente ricca di giacimenti di metalli; inoltre, alcune delle attività minerarie fiorenti nel passato hanno perduto la loro importanza di fronte alla concorrenza e alla competitività di altre zone del mondo. Tuttavia, la varietà geologica del nostro Paese è grande e le attività estrattive che sfruttano le nostre formazioni rocciose sono assai diffuse.

Secondo il Report Istat di gennaio 2019, sono presenti in Italia 5.273 siti estrattivi attivi e circa un quarto dei comuni italiani (2.013) ha almeno un sito estrattivo. I siti attivi produttivi nell’anno sono 2.295 (2.227 cave e 68 miniere) dai quali si estraggono complessivamente circa 167,8 milioni di tonnellate di minerali non energetici, che comprendono le risorse naturali non rinnovabili che non sono fonte di energia.

Sempre dal Rapporto Istat di gennaio 2019, emerge che secondo gli indicatori di pressione territoriale il 19,6% delle estrazioni nazionali avviene in comuni costieri, con percentuali più alte nelle Isole (40%) e al Sud (37,7%).

Legambiente registra in diverse regioni una rilevante presenza di attività estrattive in aree esposte a rischi naturali come in Liguria, Umbria, Sicilia, Valle d’Aosta, Marche, Toscana e anche in Molise.
Agli ultimi posti per cave in funzione, tutte sotto i 100 siti, si trovano le regioni con minore estensione come la nostra, con le sue 17 cave dismesse e/o abbandonate e le 52 in attività dove predominano estrazioni di sabbia e ghiaia, pietre ornamentali, argilla, gesso ma soprattutto calcare, con quasi 3 milioni di metri cubi estratti ogni anno.

La legislazione mineraria italiana si basa sul Regio Decreto di Vittorio Emanuele III, n.1443, del 1927 con indicazioni per lo sviluppo dell’attività che appaiono nell’epoca attuale quantomeno obsolete per governare un settore così delicato, inoltre l’impianto normativo non contempla minimamente i rischi derivanti dagli impatti provocati al territorio.
Solo successivamente le regioni hanno disciplinato, attraverso disposizioni in materia di attività estrattive sui propri territori, il rilascio delle necessarie concessioni minerarie: provvedimenti normativi finalizzati alla coltivazione di un sito estrattivo da miniera, che ne individuano l’area, ne approvano il disciplinare sull’esercizio dell’attività estrattiva oltre che sui prelievi autorizzati e ne fissano la durata.

Tuttavia la normativa delle varie regioni in materia di attività estrattiva non è inserita in una cornice legislativa uniforme, inoltre intere aree del Paese sono prive di pianificazioni adeguate che invece dovrebbero definire norme chiare, per un settore quanto mai delicato viste le problematiche ambientali ad esso collegate.

La regione Molise disciplina tale ambito con la legge regionale 11/2005, ma pur prevedendo all’articolo 4 l’adozione del Piano regionale delle attività estrattive, il cosiddetto Prae, fondamentale strumento per rendere compatibili le esigenze di carattere produttivo con quelle di salvaguardia dell’ambiente e territorio, non si è ancora dotata di tale pianificazione sebbene siano trascorsi già 14 anni dall’entrata in vigore della norma. Magra consolazione è il fatto che in tale negligenza non siamo soli, visto che anche Veneto, Friuli Venezia Giulia, Calabria e Basilicata non hanno adottato un Piano Cave.

Il Prae, quindi, è l’atto di programmazione che stabilisce indirizzi e obiettivi di riferimento per l’attività di ricerca e di coltivazione di materiali di cava e torbiera nonché per il recupero ambientale e il ripristino delle aree interessate. Mira a individuare gli ambiti estrattivi, cioè le aree in cui è possibile condurre queste attività per utilizzare correttamente le risorse naturali e coniugare le esigenze di carattere produttivo con la salvaguardia di ambiente e territorio. Un documento importante, quindi, che serve anche a monitorare tutte le attività svolte nelle zone di cava, anche per tutelare il territorio da attività illegali come lo smaltimento di rifiuti pericolosi.
Tuttavia la Regione non se n’è mai dotata, nonostante già nel 2005 la Giunta di allora si era impegnata a varare il Piano entro sei mesi!
Non solo.

Anche il 26 gennaio 2016, con deliberazione n. 39, il Consiglio regionale aveva deliberato all’unanimità dei voti espressi per alzata di mano dai consiglieri presenti in Aula di approvare la mozione che impegnava il governatore a far sì che la Regione adottasse lo schema di Piano regionale delle attività estrattive, “nel più breve tempo possibile”. Ma dopo due anni e mezzo da allora e 14 dalla prima deliberazione, il Molise non ha ancora il suo Prae.

Ho fatto richiesta di accesso agli atti chiedendo copia dell’elenco aggiornato del numero, dell’ubicazione e delle aziende titolari delle cave ancora aperte e in funzione nel territorio regionale, ma anche per sapere quante sono le cave chiuse e dismesse e per capire di queste, quante e quali hanno avviato e concluso le attività di bonifica. Inoltre ho presentato una nuova mozione in Consiglio regionale che impegna il governatore Toma ad adottare il Piano entro sei mesi.

Non c’è più tempo da perdere.

Il combinato tra una mancata pianificazione e gli effetti delle attività estrattive sul suolo è tutt’altro che invisibile: cime ‘spuntate’, crinali scorticati, colline rosicchiate, discariche minerarie, ravaneti (grandi mucchi di detriti e materiali di rifiuto) ormai puntellano anche il nostro fragile territorio e l’assenza dei Piani Cava è particolarmente preoccupante.

La mancata adozione di piani specifici di programmazione, infatti, ha come principale conseguenza quella di determinare un eccessivo potere decisionale in chi deve autorizzare le nuove cave e nello stesso controllo del territorio.

Insomma, l’adozione del Prae diventa non più procrastinabile. Soprattutto considerando che l’obiettivo specifico del Piano è il conseguimento nel breve-medio periodo di un migliore livello di sostenibilità ambientale sociale ed economica dell’attività estrattiva, rendendo compatibili le esigenze di carattere produttivo con quelle di salvaguardia dell’ambiente e del territorio, nonché delle vocazioni agricole e tenendo conto di molteplici aspetti come il contenimento del consumo del territorio, la razionalizzazione delle metodologie di coltivazione, la qualificazione dei recuperi ambientali. Il Prae, inoltre, si prefigge l’obiettivo di valorizzare i materiali lapidei caratteristici del Molise per utilizzarli nel recupero delle caratteristiche architettoniche tipiche della regione. Infine il Piano è un atto dovuto perché ogni decisione concernente le attività estrattive e l’ambiente comporta dei costi all’intera collettività.

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