MoVimento 5 Stelle Molise

Giornata della Memoria, ricordare San Giuliano per non sbagliare più

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Di seguito l’intervento in Aula del portavoce in Consiglio regionale Fabio De Chirico a nome del gruppo consiliare del MoVimento 5 Stelle in occasione del ventesimo anniversario della tragedia di San Giuliano di Puglia.

Oggi è il giorno in cui quest’Aula partecipa e condivide i sentimenti di tutta la comunità di San Giuliano di Puglia. Ci stringiamo intorno al dolore di tutte le famiglie che hanno perso drammaticamente i propri cari e ai tanti operatori e volontari che, nelle ore successive quel tragico evento, lavorarono incessantemente, scavando a mani nude tra le macerie, per tentare di salvare le vite dei piccoli e inconsapevoli studenti.

Quella mattina di esattamente venti anni fa, quando la piccola Giovanna di soli 10 anni salutò sua madre Elena prima di entrare in classe, nessuno avrebbe mai potuto immaginare che lei, la sua maestra Carmela e altri 26 bambini non sarebbero mai più ritornati a casa.

Alle ore 11.32 il crollo della ‘Iovine’ ha spazzato via sogni, speranze e progetti di un’intera generazione. Le immagini della scuola accartocciata su sé stessa hanno percorso l’Italia e il mondo intero, sconvolgendo tutti nelle settimane a seguire. Perché una scuola che crolla distrugge quelle profonde certezze che fanno di essa il solido simbolo della costruzione di vita e cultura, ma anche idealmente un rifugio, un riparo, quasi una seconda abitazione per tutti i bambini e i ragazzi che la frequentano.

È questa una ferita che moralmente non potrà mai essere rimarginata ma oggi, con profonda dignità e grande determinazione, quella comunità è riuscita a ripartire, lavorando sulla ricostruzione. Bambini che vent’anni fa hanno trascorso ore sotto le macerie e che, da adulti, hanno deciso di trasformare quella drammatica esperienza in una missione di vita attraverso i loro talenti e le loro professionalità.

Mi riferisco a Veronica D’Ascenzo che rimase intrappolata per otto ore sotto i calcinacci della scuola. Più volte lei stessa, ho letto, ha ripercorso quei drammatici momenti. Il boato, i vetri delle finestre in frantumi e l’ultima immagine prima del buio: la sua maestra che, in segno di disperazione, si portava le mani al viso. Poi il silenzio.

Oggi anche lei è una maestra: una vocazione nata dopo il terremoto e una vera missione di vita, dove spende gran parte del suo tempo in campagne di sensibilizzazione per la sicurezza nelle scuole. Ma c’è anche Dino Di Renzo che nel giorno della tragedia aveva appena 10 anni e frequentava la quinta elementare. Rimase per sei ore sotto le macerie. Oggi è un geologo: una scelta nata per difendere il territorio, e soprattutto per informare i cittadini dei rischi del terremoto, lavorando sulla prevenzione.

Dopo vent’anni, questo è il giorno della commemorazione, ma soprattutto della riflessione sui ritardi e sugli errori commessi dall’uomo e sull’urgente necessità di accelerare gli interventi in materia di edilizia scolastica.
È giusto soffermarsi sul tema della sicurezza degli edifici, in particolar modo di quelli scolastici, e su quanto ancora c’è da fare in tal senso. La commemorazione e il racconto di una storia deve trasmettere un insegnamento altrimenti rimane fine a sé stessa. Sarebbe auspicabile che la coltivazione storica di un momento così nefasto diventasse, attraverso la sensibilizzazione, vera e propria cultura della sicurezza, della prevenzione e del rispetto delle norme.

La crescente consapevolezza su questo tema interessa l’intera filiera operativa, la politica che programma gli interventi, i diversi livelli istituzionali che li attuano e i tecnici e gli operatori che progettano, costruiscono materialmente o ristrutturano gli edifici.
Eppure, a distanza di vent’anni, ancora viviamo situazioni al limite dell’incolumità e della sicurezza. E tutto questo è inaccettabile.

Pochi giorni fa il crollo dell’Aula Magna dell’Università di Cagliari, una tragedia sfiorata che solo per un fortuito caso non ha provocato vittime. Questo è solo l’ultimo evento che conta ben 45 cedimenti strutturali in altrettante scuole e registrati nell’ultimo anno. I dati emergono dall’ultimo dossier annuale presentato da Cittadinanzattiva, reportistica che vent’anni fa prese avvio proprio dopo l’evento che oggi stiamo commemorando.

L’analisi dei dati non è affatto confortevole: il patrimonio edilizio scolastico è vecchio e malconcio, oltre il 40% degli edifici è stato costruito prima del 1976, e più della metà è privo di certificazione di agibilità statica e di prevenzione incendi. Oltre il 40% è privo del collaudo statico.

Eppure in seguito al crollo della scuola elementare di San Giuliano, con la legge finanziaria 2003, venne istituito un “Piano straordinario di messa in sicurezza degli edifici scolastici” che però ha interessato solo una porzione limitata del patrimonio edilizio scolastico. Infatti una specifica e dettagliata relazione della Corte dei Conti del 2018 evidenziò l’inadeguatezza delle risorse finanziarie stanziate in relazione al fabbisogno stimato e all’urgenza degli interventi. Ma rilevò anche difficoltà procedurali nell’attuazione del Piano, rallentamenti e persino la forzata eliminazione del 24% degli interventi programmati. Fece emergere, inoltre, la forte preoccupazione per l’incompleto e lento adeguamento alla normativa vigente in materia, la gravità della mancata messa a norma dal punto di vista sismico per molti edifici, tenuto conto delle conseguenze e della giurisprudenza penale in materia.

Insomma, la situazione non è certo rosea, anche se a dire il vero gli ultimi Governi sembra abbiano voluto invertire la rotta soprattutto con le ultime pianificazioni. Sono 216 le nuove scuole che saranno costruite attraverso il piano previsto dal Pnrr. Due di queste in Molise. Un investimento di oltre 1 miliardo di euro. Risorse che, insieme agli altri 3,9 miliardi previsti per la messa in sicurezza, dovranno far fronte a necessità e carenze di lungo periodo.

Infine non possiamo e non dobbiamo dimenticare gli strascichi che quel terremoto di vent’anni fa provocò sul territorio e sui bilanci delle amministrazioni locali. Quasi un migliaio di famiglie rimasero senza casa per oltre un decennio a causa delle lungaggini e delle complicanze amministrative. Molte di queste famiglie sono state isolate nei villaggi provvisori e nelle casette in compensato, ormai consumate dal freddo e dal sole.

C’è chi ancora oggi vive con la famiglia in pochi metri quadrati, a 3 km da Bonefro, perché gli interventi di ricostruzione sulla propria abitazione non sono stati fatti in maniera adeguata. Parlo di persone che fanno parte della nostra comunità, mi riferisco a molisani che hanno sentito per anni promesse e parole e che hanno definitivamente perso la fiducia verso chi, invece, avrebbe dovuto rispondere con tempestività alle richieste di aiuto.

I paesi del basso Molise hanno visto per vent’anni impalcature e pagato lo scotto dello spopolamento perché le seconde case di proprietà e i fabbricati rurali non erano oggetto di aiuti per la ricostruzione. Quasi un miliardo di euro è stato speso sul territorio per via di quel terremoto. E i diritti non sono stati uguali per tutti perché c’è chi ha avuto di più e chi ha avuto di meno.

Questi sfortunati figli del Molise, quindi, non devono rappresentare un triste museo ma una scuola di correttezza e legalità. Oggi, come ogni giorno, esercitiamo la memoria ma è ancor più importante convertirla in impegno collettivo nel pieno delle responsabilità istituzionali.

Per il futuro del nostro Molise e del nostro Paese.

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