MoVimento 5 Stelle Molise

La politica…e i suoi derivati

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Accade spesso agli spettatori o lettori della scena politica di non riuscire a comprendere il vero significato di una discussione, o l’importanza che ne deriva, stando solo alle parole, appropriate o inadeguate che siano. Da dove si è partiti e dove si vuole arrivare con quei messaggi. Ogni personaggio politico dice la sua, si accanisce nell’avere ragione e nel trovare slogan più convincenti, ma i cittadini restano sempre fuori dal gioco, pur essendo i principali destinatari delle loro decisioni, o le vittime, se vogliamo dire così.

Il MoVimento 5 Stelle ha sì l’intento di avvicinare i cittadini alla politica ma ancor prima deve provare a tradurre quelle frequenti tortuose discussioni dei loro pseudo-rappresentanti in un linguaggio più elementare, estrapolando le relative incognite e preoccupazioni che possano condizionare le tasche o la dignità dell’elettore.

Un tipico esempio è la querelle di questi giorni, tra alcuni consiglieri e la Giunta, relativa ad una richiesta di consulenza da 20mila euro in materia di strumenti finanziari derivati . Certo la vicenda ha un che di ridicolo, perché la richiesta è stata fatta proprio dal dirigente preposto per il settore della finanza e peraltro qualificato da un curriculum di tutto rispetto, ricercando quindi una sorta di consulente del consulente. I molisani poi non sono nuovi a questi fenomeni, per essere stati già testimoni della nomina di Iorio quale commissario di se stesso, in materia di sanità, e recentemente della successiva nomina di un commissario del commissario.
A parte questi giochi di parole, anche se purtroppo descrivono bene la realtà delle cose, a noi del M5S Molise non sembra che la diatriba di cui sopra, Romano&Di Pietro da un lato, Vitagliano&Iorio dall’altro, sia da ricondurre principalmente a questa consulenza e solo marginalmente alla questione più sostanziale e sensibile per i cittadini, cioè quella sui fantomatici “derivati”. Ognuno di essi ha posto come base dei propri comunicati la coerenza e la trasparenza del proprio lavoro, ha scelto gli slogan più ad effetto per far risultare l’avversario un incapace cercando di convincere quell’elettorato ancora indeciso, ma nessuno si degna di rendere informati e partecipi i cittadini dell’entità matematica (effettiva) e delle conseguenze di una così elevata esposizione debitoria di bilancio, e delle motivazioni e implicazioni di una scelta così rischiosa, come quella di comprare strumenti finanziari derivati .

Riteniamo che i cittadini abbiano il diritto di sapere se, e quanto e come si “gioca” coi loro soldi, perché “giocare” in Borsa è un compito che si riconosce ad un esperto del settore ma non è tollerabile se a svolgerlo è un semplice Assessore o Dirigente che sia. Per questo motivo proviamo a fare in parte chiarezza sulla situazione, anche dal punto di vista storico, con l’aiuto di articoli web degli ultimi anni e, soprattutto, con l’aiuto della relazione, attendibile ed autorevole, della Corte dei Conti, datata 2011, riguardante la gestione finanziaria della Regione Molise per l’esercizio 2009.

In finanza è denominato strumento derivato ogni contratto o titolo il cui prezzo è esplicitamente legato al valore di un’altra variabile (detto sottostante) generalmente finanziaria: ad esempio azioni, indici finanziari, valute, tassi d’interesse.
L’operazione maggiormente utilizzata dagli Enti, e in maniera esclusiva dalla Regione Molise, come vedremo dopo, è quella sui tassi d’interesse, definito contratto Interest Rate Swap, ed è stato effettuato con denaro di un debito precontratto o contestualmente alla contrazione di quel debito.
Uno swap di questo tipo permette di passare da un debito a tasso fisso a uno a tasso variabile o il contrario, per coprirsi da oscillazioni. Si manifesta in una serie di flussi di pagamento (flussi di interesse), tra due controparti a seconda di come cambia l’andamento del tasso, però ha permesso agli Enti anche di avere delle anticipazioni dalle banche , ulteriori al debito contratto in precedenza, per esigenza di spese correnti.
Uno swap che trasforma un tasso da fisso a variabile potrebbe far diminuire il costo dell’indebitamento ma è altrettanto vero che espone l’ente che lo sottoscrive al rischio di rialzo dei tassi, oppure da variabile a fisso lo espone al rischio di ribasso dei tassi.

I contratti swap stipulati, infatti, si presentano, nella maggior parte dei casi, strumenti fortemente speculativi, che hanno causato per gli Enti l’esposizione ad ulteriori rischi (invece di proteggerli) e generato gravi perdite, anche tenendo conto dei relativi costi impliciti.

Negli ultimi dieci anni circa, è stata una pratica usuale in Italia per gli Enti locali territoriali ricorrere all’acquisizione di strumenti derivati, apparentemente per ristrutturare parte del loro debito, ma generalmente con la finalità di fare cassa in momenti in cui non era disponibile sufficiente liquidità e quindi di finanziare la gestione corrente attraverso l’elargizione dalla banca, controparte e venditore del contratto, di una somma denominata upfront. Praticamente una anticipazione, da ripagare con cedole nette da corrispondere all’istituto di credito durante la vita del contratto, fino alla sua estinzione totale.

La misura dell’esposizione nazionale sui derivati, però, ha raggiunto circa 40 miliardi, pari al 36% dello stock di debito totale, e si pensa a perdite generate di 8 miliardi di euro a causa di oscillazioni non previste sui tassi d’interesse o su altri indici; perché le amministrazioni pubbliche non sempre dispongono di professionalità adeguate per effettuare operazioni finanziarie sofisticate; la valutazione della strutturazione di un’operazione, il calcolo del ‘prezzo’ dello swap, l’analisi delle clausole contrattuali, degli eventuali costi impliciti e dei rischi connessi richiede competenze difficilmente presenti all’interno degli enti locali e quindi della nostra Regione.
Altri Paesi infatti vietano assolutamente queste operazioni, come l’Inghilterra ad esempio. Pensate! A Londra, capitale della finanza europea, le banche dal 1991 non possono vendere questi contratti agli Enti. In Italia esiste una regolamentazione sulla materia ma non sempre è stata seguita a giudicare dalla quantità di processi in corso nelle aule dei Tribunali e di indagini aperte da numerose Procure. Per gli Enti le perdite generate dalla sottoscrizione di contratti derivati sono di particolarissimo rilievo tenuto conto del carattere pubblico del patrimonio di ogni pubblica amministrazione.

L’esposizione debitoria complessiva della regione Molise è di circa 367 milioni di euro al 31/12/09 (da relazione C.d.C. pag. 43 e seguenti) e le operazioni di indebitamento più rilevanti sono state poste in essere nel triennio 2003-2005, tutte di durata non inferiore a vent’anni.
Tre sono le operazioni di finanza derivata effettuate su questo debito contratto:

  • (nov 2003) un interest rate swap stipulato dall’Ente con Deutsche Bank e UniCredit Banca Mobiliare S.p.A. per un importo di 100 milioni di euro, su cui c’è una contestazione della Corte dei Conti relativa al prezzo;
  • (nov 2006) una emissione obbligazionaria da 86 milioni circa per spese di investimento su cui è stata contestualmente realizzata una operazione di swap;
  • (ott 2006) una operazione di rinegoziazione di vecchi swap posti in essere con la ex Rolo Banca nell’anno 2002, per un importo di 77milioni di euro.

Siamo oltre il 70% dello stock di debito regionale, molto di più della media nazionale. Su questi contratti la Corte dei Conti nel 2010 ha bacchettato pesantemente la Giunta per inadempienza nell’inviare opportune informazioni in merito, e addirittura ha citato la Regione come la più omissiva in tal senso. Neanche una successiva interrogazione parlamentare al Min. dell’Economia ha sortito l’effetto sperato. Non ci è dato sapere sull’entità delle perdite provocate da queste operazioni quindi, anche perché la situazione pare non sia stata neanche rendicontata in Consiglio, figurarsi ai cittadini.
Considerato che lo swap dovrebbe essere un contratto a somma zero, cioè la perdita di un contraente è compensata dal guadagno dell’altro, nel rapporto con gli istituti di credito un’amministrazione pubblica si trova in una posizione di svantaggio.
L’asimmetria informativa genera una posizione di debolezza contrattuale tra la banca, che fissa un prezzo in quanto detentrice di informazioni tecniche di difficile accessibilità, ed il cliente, la Regione, costretta a prestare affidamento sulle altrui competenze.
I contratti derivati sottoscritti dagli Enti, peraltro, dovevano conformarsi ad una disciplina normativa che mira solo a “contenere il costo dell’indebitamento”, “in piena trasparenza” e assolutamente “mai con finalità prevalentemente o esclusivamente speculativa”. Negli ultimi anni vige persino un divieto assoluto, in base alla legge finanziaria del 2009, dichiarato legittimo dalla Consulta per la “intrinseca pericolosità”.

Ad una attenta analisi della situazione, come vedete, nascono spontanei molti interrogativi che necessitano delle risposte. Vorremmo sapere quali sono state le ragioni oggettive nel contrarre questo tipo di swap; sapere se i soggetti operatori attori di queste ‘vicende’, passate e future, possano generare casi di conflitto d’interesse; sapere perché quasi tutto il debito contratto (oltre il 70%), mutui e prestiti obbligazionari, è stato ristrutturato in questo modo quando la media nazionale è il 36%; conoscere le perdite patrimoniali generate; valutare l’eventuale esistenza di commissioni occulte. Più che un altro consulente, che potrebbe facilmente essere un advisor delle stesse banche contraenti, bisognerebbe sapere se è opportuno nominare un avvocato invece, per valutare se ci sono i termini per impugnare legalmente un contratto derivato tra quelli stipulati (come sta avvenendo in molti casi in Italia), a causa di una inadempienza delle stesse banche, relativa al mancato rispetto degli obblighi informativi ad esempio, e avviando quindi una azione di risarcimento del danno o una azione di invalidità.
Speriamo di meritare risposte, nonostante non siamo seduti in Consiglio, e ci auguriamo di assistere alla prossima diatriba tra politici con parole che denotino una visione più analitica del problema e non una mera ricerca di slogan o ispezione della “pagliuzza nell’occhio”, soprattutto quando quel problema si chiama “milioni di euro”.

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