MoVimento 5 Stelle Molise

Le promesse non mantenute dal Governo Toma in 25 mesi di legislatura

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Di seguito l’intervento della nostra Patrizia Manzo in occasione del Consiglio regionale sulla mozione di sfiducia, discussa e bocciata lo scorso martedì 7 luglio. Il suo discorso ha fatto emergere delle verità scomode, fatte di linee programmatiche disattese e di mancanza di visione da parte di un’amministrazione inadeguata, protagonista dell’ennesimo ricatto politico.

Di Patrizia Manzo, portavoce M5S in Consiglio regionale del Molise

Presidenti, colleghi,

siamo qui oggi,  a distanza di 25 mesi dalla nostra elezione, per portare il conto di tutto quello che questo Esecutivo non è stato in grado di fare, progettare, immaginare. Lo abbiamo evidenziato ogni qualvolta siamo entrati in quest’Aula, ad ogni Consiglio regionale. Lei racconta un Molise che non esiste, che è solo parole. E quella che oggi le potrà sembrare una vittoria, a fine seduta, quando i numeri le daranno ragione, sarà invece la sua sconfitta politica più pesante. Perché lei oggi si consegna alla sua maggioranza, che la tiene in vita, ne diviene ostaggio ma senza avere nemmeno il coraggio di ammetterlo. Oggi, se lo avesse avuto quel coraggio, avrebbe dovuto arrivare in Aula con i provvedimenti già firmati, quelli richiesti dalla sua maggioranza e che  riguardano solo caselle da riempire, poltrone sulle quali sedere, incarichi che consentono quella visibilità indispensabile per poter finire la legislatura e candidarsi alla prossima. Do ut des”, è vero: nella sua narrazione al contrario, quella che abbiamo appreso dai giornali, lei rimanda l’adozione dei provvedimenti richiesti perché non si pensi che si sia trattato di un dare per ricevere.

Grazie a nome di tutti i molisani, presidente: nessuno in quest’Aula né fuori ha pensato, nemmeno per un secondo, che non stia andando in scena l’ennesimo ‘ricatto politico’.

Ancora una volta, oggi, lei è vittima del fuoco amico: inutile raccontarsi storie, indorare la pillola, far finta di tenere le redini del gioco. Le decisioni assunte in questi giorni, messe nero su bianco dalla maggioranza, serviranno solo a non staccare staccare la spina. Terapie salvavita sì ma preludio di un’agonia che coinvolgerà una regione intera. Stucchevole raccontare la favola della condivisione del percorso, del rilancio dell’azione amministrativa, del coinvolgimento della squadra. Lei è ostaggio della sua squadra che pensa solo a come uscire da questa pessima legislatura ed entrare nella prossima.

È lei stesso, presidente, che racconta e fornisce le prove inconfutabili del suo fallimento politico alla guida di questa regione. I suoi buoni propositi che all’inizio della legislatura sgranava, come un rosario, sotto forma di enunciati apodittici.

Sono andata a riprendere quel suo primo intervento, Presidente Toma, le sue parole e i concetti che lei condivise con l’Aula. Era il 28 maggio del 2018In questa stessa Aula lei illustrò i principi che avrebbero dovuto guidare la sua azione politica, istituzionale e amministrativa.

Ci raccontò 25 mesi fa il suo sogno, gli obiettivi, la strada maestra che avrebbe percorso assieme alla sua maggioranza e all’intero consesso lì dove possibile per disegnare quel Molise ‘per bene’ che, ad oggi, è uno slogan rimasto solo su carta.

Per prima cosa, salutando le consigliere presenti in Aula (allora eravamo in 6) lei annunciò che – e cito testualmente – “le pari opportunità e la tutela della donna in generale guideranno la nostra azione amministrativa, concretamente, lontano da annunci e demagogia”.

Bene, dopo 25 mesi, azzeramenti e rimpasti di Giunta, non c’è nessuna donna nel suo Esecutivo e, se ci sarà una assessora così come pare di capire, la scelta e l’eventuale presenza in Giunta saranno solo la prova del ricatto politico che è la vera e unica partitura di questo Governo regionale che ragiona solo di numeri.

Che porta la contabilità di quelli che servono per vivacchiare, per tirare a campare, per non perdere posizione, ruolo, potere, poltrone. Ed è solo questo il motivo del braccio di ferro con la maggioranza, non tutta: tirare a campare, fino alla fine della legislatura.

Sempre quel 28 maggio del 2018, rivolgendosi ai molisani lei disse: “un saluto a quanti in questo momento si trovano in condizioni fisiche ed economiche svantaggiate. Principalmente a loro va data una speranza che ci impegniamo a trasformare in certezza: tornare a credere in una società più giusta e solidale. Noi ci candidiamo ad operare in tal senso e ce la metteremo tutta”.

Seconda dichiarazione d’intenti smentita dai fatti: in questi 25 mesi non c’è stato un provvedimento, dico uno, che avesse una ricaduta in termini occupazionali, di futuro, di visione.

Ci riuniamo ogni martedì per discutere di impegni, di promesse, per ascoltare le sue lezioni di diritto e di filosofia. Punto.

L’unica legge che ha provocato uno scossone è stata l’abolizione della surroga: un cavallo di battaglia del MoVimento 5 Stelle, una nostra proposta bocciata fino a quando non le ha creato, presidente Toma, problemi di numeri, di contabilità del consenso.

Sono state 42 le leggi approvate da questo Consiglio regionale dal maggio 2018 ad oggi: una media di una e mezzo al mese. Di queste 42 (12 nel 2018, 24 nel 2019 e 6 nel 2020), non ce ne è una che abbia un valore programmatorio, che sia strategica, che abbia un reale impatto sul territorio e sul tessuto economico. Nemmeno una!

Sempre in quella seduta di 25 mesi fa, nel richiamare i principi ispiratori della carta statutaria della Regione Molise, lei, presidente, sottolineò che avrebbero indotto gli amministratori ad “orientare l’azione politica verso due obiettivi fondamentali: fare cose per bene per la crescita del Molise e dei Molisani; ascoltare sempre e in ogni momento le istanze del popolo, farlo partecipe dei nostri programmi e delle nostre scelte”.

Nulla di tutto ciò è accaduto, quello stesso Statuto è utilizzato a convenienza e nella consueta ottica della contabilità del consenso in Aula: basti vedere l’utilizzo strumentale del Consiglio regionale, il mancato coinvolgimento nelle scelte programmatorie, l’inesistente ascolto del territorio e la vicenda del Covid Hospital di Larino è la prova lampante di come siano stati trattati più di 100 sindaci e i cittadini espressione di quel territorio. Calpestati.

Triste epilogo a dimostrazione dell’infondatezza dei discorsi contenuti nella sua prolusione .

Paradossalmente le uniche azioni foriere di dignità politica che potevano assicurarle un giudizio positivo trasversale da parte dell’intero territorio sono state eluse, e mi riferisco precisamente:

  • all’istituzione della Commissione regionale per le pari opportunità tra uomo e donna, organismo indipendente, che opera al fine di rimuovere gli ostacoli che costituiscono discriminazione diretta e indiretta nei confronti delle donne e realizzare i principi di uguaglianza e di parità sanciti dalla Costituzione;
  • alla legge che finalmente istituisce il Cal, il Consiglio delle autonomie locali, sede di dialogo, di raccordo e consultazione permanenti tra la Regione da un lato e le Province, i Comuni e le Unioni dall’altro, nonché il luogo di rappresentanza unitaria degli enti locali, che lei surrettiziamente confonde da due anni con la Conferenza delle Autonomie locali;
  • e, per finire, l’istituzione della Consulta Statutaria, organo autonomo e indipendente che contempla tra i suoi compiti quello di adottare provvedimenti ed esprimere pareri sull’ammissibilità delle proposte di iniziativa popolare e dei referendum e quello di esprimere pareri di conformità allo Statuto delle leggi e dei regolamenti regionali.

Ebbene, tutti questi organi previsti dalla Costituzione e dallo Statuto sono stati da lei puntualmente, costantemente disattesi, aggirati, dimenticati.

Avrebbero potuto diventare dei simbolici “colpi messi a segno”, delle simboliche bandierine da sventolare in questo agone politico, ma la sua insofferenza al dialogo, il suo essere cocciutamente refrattario a qualunque proposta senza contropartita politica, quella con la “p” minuscola, quasi invisibile, le ha consegnate mestamente al de profundis della sua agenda.

Probabilmente l’autonomia, l’indipendenza che sussistono in tali istituti mal si accordano con quella che sembra essere la sua prima parola d’ordine, il suo motto da berluscones “Nulla deve disturbare il manovratore” in spregio alla Costituzione, allo Statuto e ai cittadini che vi si riconoscono!

Citando, a sproposito, Martin Luther King, quel giorno di 25 mesi fa lei disse: “Io ho un sogno: essere il Presidente di tutti, offrire pari opportunità a chiunque abbia diritto di cittadinanza in questa regione. Per realizzare ciò auspico, anzi, sono convinto che il metodo sovrano debba essere quello della condivisione, in Giunta ma anche in Consiglio, dove più che all’opposizione mi piace pensare ad una minoranza costruttiva e partecipativa. Penso ad un work in progress, una sorta di ascolto permanente che avvieremo da subito, con il partenariato sociale ed economico in tutte le sue articolazioni”.

Smentito dalle sue stesse dichiarazioni, ancora una volta: di onirico, qui, c’è solo il suo libro delle azioni mai realizzate. Promesse mai mantenute. Lei non ha mai coinvolto la sua maggioranza, figurarsi l’opposizione! Ma quale minoranza costruttiva e partecipativa. E l’ascolto permanente del partenariato sociale ed economico è ben raccontato dai continui presidi e sit-in davanti al Consiglio o alla Giunta, dagli appelli quotidiani dei sindacati, dalla richiesta di essere ascoltati, dal mancato coinvolgimento nelle scelte di chi rappresenta i lavoratori, di chi conosce le vertenze.

Immagino un Governo partecipato e allargato alla società civile, una casa aperta e trasparente dove ogni cittadino possa sentirsi condomino della Regione” lei diceva;  il suo è invece Esecutivo piegato alle richieste di quella parte politica che presenta il conto, altro che partecipato e allargato alla società civile.

Nessun cittadino si sente parte di un progetto, nessun territorio è stato coinvolto, la contabilità del consenso per tirare a campare ha imposto altro, in questi 25 mesi.

E sarà così fino alla fine della legislatura: cambieranno solo nomi, personaggi e interpreti. La partitura sarà la stessa, l’obiettivo pure: contabilità del consenso, tirare a campare per chiudere la legislatura e candidarsi alla prossima, sotto mentite spoglie.

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