MoVimento 5 Stelle Molise

Spopolamento, serve un cambio di mentalità per dare un futuro al Molise

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Il grave calo demografico in Molise evidenzia l’incapacità della classe politica regionale nel pianificare azioni decisive, concrete, che assicurino un futuro ai giovani e alle loro famiglie. Per scongiurare il definivo tracollo e abbandonare il ‘feudalesimo della politica’, ho indicato alcune strade da percorrere su temi importanti come infrastrutture, nuove tecnologie, trasporti, agricoltura.

di Vittorio Nola 

Il Molise, complice anche la pandemia, fa registrare indicatori demografici ed economici in peggioramento. L’ultimo report elaborato dall’Istat certifica l’ennesimo calo demografico che vede la nostra regione al di sotto dei 297.000 residenti, con un’età media in salita, e i numeri dicono che per il futuro le cose non andranno meglio: anche quest’anno, probabilmente, si perderanno altri 4.000 abitanti, per lo più giovani che decideranno di emigrare altrove, soprattutto per carenza di lavoro e prospettive.

È tanto evidente quanto logico il fatto che il trend negativo arrivi da lontano, dalla totale assenza di una visione programmatico-strategica da parte di chi ha amministrato la cosa pubblica in passato. Ed è utile ricordare che, da 10 anni, i rappresentanti politici regionali sono praticamente gli stessi, nonostante i cambi di casacca, pratica assai diffusa in Molise. Così, mentre il territorio muore e mentre dal 2018 restano inevase tutte le proposte di effettivo cambiamento, si preferisce spostare l’attenzione politica su progetti fantasiosi come quello di ‘South Beach’, oppure sull’installazione di mega impianti su fertili pianure, laddove il motore trainante dell’economia resta il settore agroalimentare di qualità.

Oggi più che mai, invece, bisogna concentrarsi sui fondi della Programmazione europea 2021-2027, da attivare sulle politiche del lavoro, su infrastrutture fisiche e digitali, sanità pubblica, sviluppo sostenibile e su una compatibile transizione ecologica. Solo così è possibile rendere attrattivo e raggiungibile il Molise con le sue aree interne che altrimenti rischiano la desertificazione.

Inoltre, servono nuovi indirizzi per logistica e mobilità con treni elettrici non inquinanti; un collegamento con l’autostrada Roma-Napoli; un’aviosuperficie a gestione privatistica per un turismo di qualità ma anche per utilizzi di Protezione civile; servono connessioni in fibra ottica e ad alta tecnologia. Sono queste priorità essenziali affinché vi siano le condizioni minime per voltare pagina, finalmente. Ma non si può tralasciare l’attrattività: si parla tanto di turismo, enogastronomia, prodotti di qualità e marketing territoriale, ma al tempo stesso non ci si preoccupa dei beni culturali, del fatto che spesso, nei giorni festivi, musei, castelli e aree archeologiche di pregio restano chiusi e non fruibili.

E poi l’ambiente, altro tema svilito anche quest’anno dall’approvazione del Bilancio di previsione 2021-2023 da una maggioranza che ha tagliato i fondi destinati all’Arpa Molise, la principale agenzia ambientale regionale.
Ma c’è anche il comparto agricolo: sbaglia chi pensa che per rispondere alle esigenze degli imprenditori agricoli basti solo rendere disponibili bandi a valere sul Psr. Anche perché, intanto, non c’è in cantiere alcun progetto pubblico-privato per realizzare ad esempio Centri agroalimentari digitali, cosi da organizzare al meglio acquisti e vendite, come peraltro da tempo richiedono i mercati esteri.

Ci sono poi due problemi annessi al comparto agroalimentare: la proliferazione dei cinghiali, per cui recenti stime Coldiretti parlano di circa 40.000 capi, e l’assenza di una seria programmazione per creare una filiera delle carni selvatiche, sul modello intrapreso da altre regioni quali Campania, Umbria e Toscana. Da tre anni, l’assessorato regionale alle Politiche agricole appare del tutto inconcludente e pigro su tematiche del genere.
Basta vedere quanto sta accadendo con la riforma dei Consorzi di bonifica: c’è una legge che prevede la fusione tra gli enti di Termoli e Larino, approvata nel 2018 e mai applicata. Intanto i Consorzi hanno accumulato debiti milionari e ciò ha spinto tanti consorziati a rivolgersi alla Magistratura per far valere il proprio diritto a ricevere servizi.

Insomma, appare semplicistico lanciare tesi di accorpamento tra il Molise e le regioni confinanti. Facile immaginarlo per chi ha avuto per decenni la possibilità di fare qualcosa per tutelare e valorizzare la nostra terra, ma non lo ha fatto e nulla continua a fare per invertire il trend. Va invece prodotto ogni sforzo possibile e immaginabile per attivare subito un ciclo virtuoso di sviluppo attraverso la stipula di intese proprio con le regioni confinanti, in particolare sul settore trasporti oppure puntando su progetti a valenza interregionale, tanto per fare due esempi.

Recovery plan, Contratti istituzionali di sviluppo, Zes Adriatica sono tutte opportunità da sfruttare nei prossimi due anni se vogliamo che questa XII legislatura regionale lasci un segno e inneschi una nuova mentalità. Una mentalità che non guardi più alle desuete Comunità Montane, ma attivi ad esempio nuovi statuti e rinnovate governance per i Nuclei industriali e così giovarsi dei benefici derivanti dall’essere rientrati in ‘Obiettivo 1′.

Dunque, bisogna agire con idee e progetti capaci di rivitalizzare il tessuto economico-produttivo e dei servizi, consapevoli che la pandemia ha stravolto definitivamente usi, costumi e priorità in ogni settore di attività, amministrazioni locali comprese. A questo scopo vanno organizzate missioni congiunte con gli imprenditori privati anche all’estero e incontri cadenzati con le principali forze produttive, con le associazioni appartenenti al partenariato e con altre intelligenze, compresa l’Unimol. Solo in una seconda fase, sarà possibile riflettere sul modo migliore in cui il Molise potrà cogliere le eventuali opportunità dettate dalle norme in discussione in Parlamento, penso al ‘regionalismo differenziato’, anzi meglio, ‘cooperativo’.

In definitiva: il futuro sostenibile della nostra splendida regione può essere programmato solo a condizione che si abbandoni il ‘feudalesimo della politica’ che non era certo il modello disegnato dai nostri Padri nel 1963.

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